I suoni [s] e [z]
ovvero il problema della "ç",
della "s" e della "z"
Ecco cosa dice:
Padre Gazzo
(leggi dove)
Tra i suoni del genovese sono presenti la "s" di
smalto [z] e la "s" di sacco [s], mentre è
di fatto assente la "z" toscana di zero e di zio.
In questo caso vi sono tre simboli, "ç", "s"
e "z", per denotare due suoni, [s] e [z]. L'uso
discontinuo della rappresentazione grafica ha prodotto molte ambiguità;
per questo la soluzione del problema risulta complessa.
Cominciamo col caso più semplice: l'utilizzo della "ç". Il
simbolo "ç" ha sempre il suono della "s" di
sacco [s]; viene utilizzato quando la parola genovese presenta
un addolcimento della "c" di cilindro nella corrispondente
parola italiana (latina). Nel passato questa prescrizione era adottata
in modo abbastanza sistematico; si trovano così le grafie: braçço
(braccio), goçça (goccia), pança (pancia). Modernamente,
invece, si è consolidato l'uso della "ç" solo quando è scempia
e davanti alle sole vocali "e", "i"; si ha, ad es.,
réçita (recita), giùdiçe (giudice), fàçile (facile)
che si pronunciano come se, nella grafia italiana, fossero scritte resita,
giudise, fasile. Un altro uso, ma qui le diversità sono molte, è nelle
parole latine che utilizzano la "t" terminando con
-itiam, -itium, -ationem, ecc. e che
in italiano diventano -izia, -izio,
-izione, ecc. Si trovano quindi le scritture adoraçion
(adorazione), numeraçion (numerazione), vìçio (vizio), ecc.
Il simbolo "s" viene utilizzato per entrambi i suoni [s] e [z],
anche in ragione di motivazioni etimologiche in parole come reusa (rosa),
zeneise (genovese), ecc. Ma bisogna fare attenzione: in due parole simili
la "s" può avere suoni differenti: in paise (paese) ha il suono
[z], mentre ha il suono [s] in paise (parersi) o nella frase sciben
ch'o paise adescio o dormiva (sebbene sembrasse sveglio, dormiva),
anche se suona meglio sciben ch'o paiva adescio o dormiva. Si
noti ancora che in alcune parole identiche all'italiano la "s" ha in
genovese pronunce differenti: in riposo si pronuncia [z], mentre
in disegno e in resato (spavento) si pronuncia [s].
Infine, mentre il Martin Piaggio e il Casaccia usano il simbolo "z"
per il suono [s] in parole come adorazion (adorazione), numerazion
(numerazione), vizio (vizio), ecc., tale impiego è oggi in disuso essendo
preferita o la "ç" o il gruppo "ss".
- Grafia Piaggio Casaccia. Utilizza, con grandissima
incoerenza, il seguente schema:
- [s] = ç davanti «alle vocali "e", "i"
nelle sillabe derivanti dalle italiane "ce" "ci"»:
çeddro (cedro), çigheugna (cicogna);
- "s" = [s] e [z]: tesöu (tesoro - [z]), sensâ
(sensale - [s]);
- "z" = [z], ma nelle parole che in latino presentano la
"t" e in italiano la "z" segue l'italiano e quindi
"z" = [s]: zin (riccio di mare [z]), ambizion
(ambizione - [s]);
- incoerentemente il Casaccia scrive ûso (uso) e abûzo
(abuso); paise (paese) e äia do paize (aria nativa);
preteisa (pretesa) e conteiza (contesa).
- Grafia Tradizionale Normalizzata.
- ç = [s]; (GG II.38) fornisce un dettagliato elenco di casi in
cui va usata e non va usata la "ç"; ammette la sostituzione
di "ç" con "ss": raçion (razione), ma
franseise (francese); prinçipio (principio), ma
finsion (finzione); viçio (vizio) e vissio;
- "s" = [s] e [z]; (GG II.50.a) specifica quando ha il
suono [s] e (GG II.50.b) quando ha il suono [z], il tutto in buona
coerenza col metodo Piaggio Casaccia, rispetto al quale, però, invita
ad evitare l'uso della "z" per il suono [s]: angæso
(aggeggio - [z]), zeneise (genovese - [z]);
- "z" = [z] sempre; (GG II.54) elenca i casi di utilizzo
della "z";
- Vocabolario delle Parlate Liguri.
- [s] = "s", non utilizza la "ç": sèrtu
(certo), senâ (cenare);
- [z] = "s˙" sempre anche
davanti a consonante: s˙guarâ
(strappare), s˙enâ (gennaio);
- utilizza il simbolo "z˙"
per la "z" sonora di zero che ricorre in alcuni
punti (Bussana, Sassello, Campoligure, Rossiglione), mentre
altrove è diventata "s˙":
Sass. ciàz˙a, Gen.
ciàs˙a (piazza).
- Grafia in U.
- [s] = "s" oppure "ç" secondo ragioni
etimologiche: difiççile (difficile) menaçâva
(minacciava);
- [z] = "z" sempre anche davanti a consonante:
zguaro (strappo), zvista (svista).
- Proposta per un Sistema Grafico. Come suggerito da Padre Gazzo,
accetta di discostarsi dall'etimologia e nota che non esiste problema quando
la "s" è seguita da consonante perché il genovese si comporta
esattamente come l'italiano; quindi:
- "s" = [s], [z] davanti a consonante (come in italiano):
sguaro (strappo - [z]), svista (svista), sprescia
(spremura - [s]);
- "s" = [s] davanti a vocale; si utilizza la "ç"
quando l'etimologia lo richiede: sappa (zappa), çê (cielo);
- [z] davanti a vocale = "z" sempre, anche in contrasto con
l'etimologia: amozo (affettuoso), caza (casa), preçiozo
(prezioso), reuza (rosa).
- Metodo Esotico. ---
Ecco cosa dice Padre Gazzo.
Pagina XXV-XXVI. Il c palatale dopo una consonante prende il
suono sibilante, e così pure se doppio, o iniziale, e talora anche semplice
intervocalico. Però in parecchie parole letterarie, o quasi, l'uso moderno urbano
ha introdotto la pronunzia italiana, ma non sempre esatta: p. es. eccesso,
eccellente, societæ, sûccesso, incenso, precizo, precede, cigno, celeste,
e qualche altra; da più antica data faccia, cacciâ, ma anticamente façça,
caççâ. Ritenute queste due, per le altre seguiremo la vera ortografia genovese
che vuole il ç, lasciando libero il lettore di pronunziare come crede.
Tolta l'ambiguità fra le zete, conviene far altrettanto fra i due suoni
dell's, e qui ci viene in aiuto l'uso antico, che se urta un po' con
l'etimologia, rappresenta nettamente ogni suono. Nella Cittara 1745, nella
Gerusal., e nelle edizioni del Gexa (1772), imitate dal Pagano, dal Casamara
(1847) e da altri, all's si conserva il solo suono aspro, (onde si distingue
dal ç per ragioni di etimologia); e abolito l's ronzante, vi si
sostituisce sempre la z, che ne rappresenta il suono. (Ben sarebbe giovato
un tipo speciale; p. es. un s lungo o col puntino, come fu proposto per
l'italiano, ma siffatti tipi non sono facilmente reperibili). Questa sostituzione
è d'antica data, e si riscontra perfino in parecchie iscrizioni greche, che usano
il ζ per il σ raddolcito davanti alle consonanti sonore
β, δ, φ, γ, λ, μ, ν (cfr. Niemann &
Goeltzer: Gramm. comp. du Grec et du Latin, Paris, Vol. I, Du Collin). Non
essendoci per noi pericolo di errare davanti alle consonanti, ci basti di usar la
z fra due vocali, quando sia il caso. - Con tale norma non si cade nella
incoerenza di usare ora l's ora la z senza criterio, come avviene al
Casaccia che mentre segue l'ortografia etimologica, registra parecchi vocaboli con
la z anzichè con l's: aze, rœza, mûza, bauza, corteyze
ecc. |
Introduzione
Problemi di grafia Grafie imprecise Grafie a confronto Alfabeto fonetico Glossario Dittonghi e iati
Accenti
Lunghezza delle vocali Vocali prima dei digrammi La "e" breve Accento sui monosillabi Gruppi vocalici
Vocali
Il suono [2] corto e lungo I suoni [O], [u], [y] La semivocale "u" Il dittongo [Ow] La semivocale "i" La lettera "j"
Consonanti
Consonanti doppie La "m" davanti a "b" e "p" I suoni [s] e [z]
Note grafiche particolari
La "h" nel verbo avere Lo iotacismo Dittongazione rapida La crasi La metatesi Preposizioni articolate "inte" oppure "in te"?
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