Le parole dell'uva Antica e popolare è la cultura del vino e, di conseguenza, quella dell’uva: non bisogna meravigliarsi se il genovese è ricco di parole per descriverla. L’uva, uga pronunciata con la u francese della parola menu, cresce nei fiagni, i filari della vigna ed è raccolta durante la vendegna, la vendemmia. Al rappo, grappolo, sono attaccate le axinelle, gli acini al cui interno si trovano le granette, i vinaccioli. Le axinelle sono ricoperte dalla pelle, la buccia che, specie quando è vuota, viene detta beretta de l’uga, in italiano indicata con la parola poco usuale fiòcine. Il rappo è fatto di tanti piccoli grappolini ognuno dei quali è detto sccianco o sccianchetto forse dal verbo scciancâ strappare, schiantare: l’avremo detto mille volte damme ’n sccianco d’uga. Anche in questo caso la parola italiana che traduce sccianco è alquanto inusuale: racimolo. In genovese si chiama rapusso, il grappolo senza axinelle, e rapuagia il raspollo, ovvero il grappolo con poche e rade axinelle. Infine forse non tutti sanno che il bersò è il pergolato fatto di fiori rampicanti, mentre l’angiòu è il pergolato dell’uva. Ispirato da quest’ultima parola concludo con un suggestivo e misterioso gioco di parole: gh’é ’n angeo sotta l’angiòu; c’è un angelo sotto il pergolato. Nònni parlæ de longo in zeneize a-i nevi e a-e nessette! Franco Bampi |