Cose da contadini Tra gli attrezzi del vilàn (da vìlla e quindi contadino) ci sono le fórche i cui rebbi sono detti, in genovese, dénti e sono paralleli al manico. Vi è la fórca a doî dénti, detta anche forcafæra, che serve per muovere ed accomodare pàggia e fén (paglia e fieno) o anche il liàmme (letame). Vi è poi la fórca a tréi dénti che si usa tipicamente per il liàmme ed è detta anche forcón. Un altro atrezzo interessante è il bagàggio (bidente) a due dénti posti perpendicolarmente al manico, utile per levâ e patàtte (levare le patate dalla terra), in quanto, avendo due dénti, è più difficile forarle. Abbiamo poi il rastéllo (rastrello), parola che in genovese significa anche cancello. Per cavâ o sapâ e fàsce (zappare le fasce) si usa la sàppa (zappa), e chi zappa è detto sapòu (zappatore). Altri attrezzi per scavare sono la vànga e il badî o boéi (badile). La pala oggi si dice come in italiano, ma si dovrebbe dire pâa, così come la paletta andrebbe detta pæta. Pure l’aratro è detto come in italiano anche se è registrata la parola aò. Tra le lame taglienti abbiamo il penàcco (pennato) e la penachétta (roncola); per falciare si usa (o, meglio, si usava) la scoriâ (falce fienaia) e la mesoîa (falce messoria); per affilarle si batteva il filo della lama sopra un attrezzo, detto martelêa, oppure si passava la côe (cote, pietra per affilare) che poi era riposta nel coâ (porta cote). O paizàn o l'à sénpre a tæra inte ónge Franco Bampi Tutte le regole di lettura sono esposte nel libretto Grafîa ofiçiâ, il primo della serie Bolezùmme, edito dalla Ses nel febbraio 2009. |