Neve Il Casaccia, nel suo dizionario del 1876, registra la parola Néive: Neve: Pioggia che, rappresa dal freddo nell’aria, cade in terra in fiocchi bianchi e leggeri. Ma tutti noi, qui a Genova, diciamo néie, dileguando la “v”. Lo stesso vale per la parola nevâ (nevicare) che tutti diciamo neiâ. Ancora, sebbene si dica cêuve (piove), e no o cêuve, quando nevicava era d’uso dire, specie dai ragazzi, o néia (nevica). Métise a neiâ significa che incomincia a nevicare. Fioccare si traduce fiocâ; quando il fiocco è grande si chiama strasón: se la neve cade abbondantemente a fiocchi grandi si dice vêgne zu a néie a strasoìn (viene giù la neve a fiocchi grandi). Una grande nevicata è detta nevàdda e una gran quantità di neve, caduta o che sta per cadere è detta una chéutta de néie, esattamente come una gran quantità di pane è detta chéutta de pàn. La neve appena caduta, e quindi non ancora ghiacciata, risulta soffice, che in genovese si traduce sciòcca. Spalare la neve è tradotto retiâ a néie. Ma non dimentichiamoci il divertimento di figeu (bambini): tiâse de balæ de néie (tirarsi delle pallate di neve). In effetti la palla di neve è tradotta bàlla de néie, mentre la pallata, ossia la percossa data con una palla di neve, è detta balâ. Concludo ricordando la parola nevêa (neviera), un luogo artificiale dove conservare la neve e ridurla in ghiaccio da vendere. ... E almêno fîsan stæte sciòcche, invêce êan bàlle dûe, bàlle giasæ, pàivan
prîe! Franco Bampi Tutte le regole di lettura sono esposte nel libretto Grafîa ofiçiâ, il primo della serie Bolezùmme, edito dalla Ses nel febbraio 2009. |