La farina Di fondamentale importanza per l’alimentazione dell’uomo è la fænn-a (farina). La sua storia comincia dal gràn (grano) che, prima della meccanizzazione, veniva tagliato con la mesoîa (falce messoria, a manico corto) quindi batûo (trebbiato) con la verzélla (correggiato) per separare a grànn-a de gràn (il chicco di grano) dalla pàggia (paglia). La verzélla è formata da due bastoni legati con la stralêa (gombina, laccio di cuoio o di cordicella): quello mobile che batte il grano è detto tràppa (verga), mentre quello che si tiene in mano si chiama manoâ oppure ación (manfano). L’operazione di bàtte o gràn (trebbiare) libera anche a grànn-a dalla rùsca o rùsco (lolla, loppa, pula). Il gràn così pulito viene poi riposto nel granâ (granaio). Per ottenere la fænn-a occorre andare al moìn (mulino) dal moinâ (mugnaio) per far maxinâ o gràn (macinare il grano). Il prezzo della macinatura è detto mötûa (molenda) e poteva essere dato in farina o in denaro. Il gràn cade nella mêua (macina) attraverso la tramêuza (tramoggia). Occorre ora bugatâ (abburattare) il macinato cioè separare la fænn-a dal brénno (crusca). Mediante un’altra tramêuza il macinato cade nel bûgatto (buratto), un setaccio che per scuotimento permette di ottenere la fænn-a. Il residuo può essere la bugatéuia (cruschello, che contiene alquanta farina), il revezeu (crusca con poca farina) e infine il brénno (crusca priva di farina). Chi é prìmmo a-o moìn maxìnn-a Franco Bampi Tutte le regole di lettura sono esposte nel libretto Grafîa ofiçiâ, il primo della serie Bolezùmme, edito dalla Ses nel febbraio 2009. |