Nomi astratti I nomi astratti indicano non un oggetto o un essere ma una nozione. I nomi astratti presentano, sia in italiano sia in genovese, terminazioni ricorrenti. Spesso sono tronchi: alcuni simili all’italiano, come caitæ, carità, scciavitù, schiavitù, e veitæ, verità; altri meno: si dice coixitæ, curiosità, e Martin Piaggio usa sguassozitæ, sfarzosità. Qualche diversità si risconta nelle parole genovesi corrispondenti alla terminazione italiana –ezza. Oltre a rese ovvie, bellessa, bellezza, duessa, durezza, o finessa, finezza, troviamo sccettessa, schiettezza, spenscieratessa, spensieratessa e sveuggiatessa, svogliatezza. Si dice umiessa, morbidezza, perché ùmio, non vuol dire umido, ma morbido; così come saviezza, senno si traduce sæximo e agiatezza si dice moscitæ. Curiosi invece alcuni nomi astratti che oggi sono poco usati: aspertixe, destrezza, sagacia; freschixe o freschessa, freschezza; gianchixe o gianchessa, bianchezza; lestixe, lestezza; nettixe, nettezza, pulizia. E per rimanere nel contesto delle terminazioni in -ixe segnalo le parole valentixe, valentia, e le simpatiche franchixe, franchigia, e spessixe, spessore. Ricordo ancora che la parola reverdixe denota il luppolo, ingrediente indispensabile della birra. E, nella ricerca delle nostre reixe, radici, non posso concludere senza citare un antico mestiere femminile: quello della bugaixe, la lavandaia. Dinni pure di sguaroin, ma parla zeneize! Franco Bampi |