False alterazioni Similmente all’italiano, anche in genovese esistono i falsi cambiamenti di genere o le false alterazioni. Come in italiano si ha meu (molo) e męua (mola) con significati diversi; in genovese si ha lůggio (luglio) e lůggia (cisti sebacea) cosě come sciŕmmo (sciame) e sciŕmma (fiamma). Interessante č la parola fěggio (figlio) che ammette il femminile regolare fěggia (figlia), ma che ha anche il significato di ragazza non sposata. Un modo per fare il diminutivo č l’utilizzo della desinenza “eu”: pňrto (porto), portixeu (porticciolo); ňrto (orto), ortigeu (orticello); vénto (vento), ventixeu (venticello). Cosě fěggio dŕ figeu, ma č un falso diminutivo perché il significato č quello di bambino e non di piccolo figlio. Pure la parola bŕggio (rospo) dŕ bageu che non č un piccolo rospo, ma č il girino. Tra i falsi diminutivi abbiamo la coppia picŕggia (nastro), picagétta (asciugamano); quest’ultima potrebbe derivare il nome dal fatto che era ed č guarnita da un nastrino che serve per appenderla. Abbiamo anche un trio: ciŕppa (lastra d’ardesia), ciapélla (piastrella), ciapelétta (caramella). La ciapélla prende il nome dall’essere effettivamente una ciŕppa piccola e sottile. L’uso di ciapelétta deriva dal fatto che si chiamavano cosě le caramelle che erano pastiglie di zucchero, piccole e piatte, di forma quadrata o rettangolare, cioč delle piccole ciapélle, delle ciapelétte, appunto. Infine come falso accrescitivo, non proponibile in italiano, segnalo bŕrca (barca), barcón (balcone, finestra). A l’ŕ quarant’ŕnni e a l’é ancón fěggia. Franco Bampi Tutte le regole di lettura sono esposte nel libretto Grafîa ofiçiâ, il primo della serie Bolezůmme, edito dalla Ses nel febbraio 2009. |