Attenti all'italiano! In genovese lo scorpione si dice tancoa; la parole genovese scorpion è usata per denotare il geco, quella specie di lucertola (grîgoa) bianca che si apposta di notte sui muri delle case per catturare gli insetti. Le arachidi, o noccioline americane, sono dette pistacci (damme un pistaccio, dammi un’arachide); per denotare i pistacchi, quelli verdi, usiamo la parola festecco o fistecco. Curiosamente in genovese usiamo la parola forçinn-a per indicare la forchetta da tavola (i denti da forçinn-a sono i rebbi) forse perché con la parola forchetta indichiamo la forcina da mettere tra i capelli. La sottann-a la porta il prete: è l’abito talare. Così la sottana delle donne viene denotata con una parola plurale: fâdette. E non finisce qui! Chissà il perché, ma alcune parole non piacciono ai genovesi: e le sostituiscono. La multa è detta bolletta, un posto libero è, in genovese, un pòsto veuo, una sciortîa denota una battuta di spirito: per questo l’uscita dell’autostrada è detta casello (con la “e” stretta). Infine attenti alla grafia! Maggio, in genovese, è il maglio; il mese di maggio si dice mazzo (con la zitta, zeta, dolce); un mazzo, per esempio di fiori, si dice masso; infine un masso si dice magheu: un mòuxo o m’à tiòu ‘n magheu in sce ‘na gamba, un maroso mi ha tirato un masso su una gamba. Chi te parla o gh’à a còcina zeneize? Alôa pàrlighe in zeneize! Franco Bampi |