Giochi d'azzardo Non solo oggi con le famigerate slot machine, ma anche nel passato si giocava il denaro nei zêughi d’azàrdo (giochi d’azzardo), giochi nei quali non conta l’abilità del zugòu (giocatore) ma conta solo la sorte. Alcuni giochi necessitano del bànco che è colui che dirige il gioco e incassa o paga dagli altri giocatori. Ha il bànco il biribìsci (biribis o biribisso): una specie di roulette in cui si punta su un numero e si vince se viene estratto; il numero è introdotto in palline forate dette giandétte; è gioco antichissimo. Definita dal Casaccia “giuoco di carte rovinosissimo” la sechinétta (zecchinetta) si gioca così: il banco scopre due carte e una per sé; si punta e il banco gira un’altra carta: se esce quella del banco, il banco paga, se esce una delle altre il banco incassa tutto, se esce una carta diversa i giocatori possono puntare anche su quella e quindi il banco gira un’altra carta e, con le stesse regole, si prosegue. Noto è anche il setemêzo (sette e mezzo): le figure valgono ½ punto, le altre il loro valore: vince chi si avvicina di più o fa sette e mezzo. In parità vince il banco; chi fa sette e mezzo prende il banco. Gioco di pura sorte è anche il tipico gioco di natale: zugâ a l’ànbo (giocare a tombola), i cui numeri sono detti giandétte. Nella môra (morra) la sorte si mescola con l’abilità: i due giocatori devono indovinare il numero di dita esibite. Il tentativo di modificare il numero di dita esibite si dice marmelâ (imbrogliare) probabilmente da marmelìn o dîo marméllo (mignolo) dal latino minimus, il più piccolo, che proprio per questo si presta più facilmente all’imbroglio. Chi zêuga pe-o bezéugno, pèrde pe-a necescitæ Franco Bampi Tutte le regole di lettura sono esposte nel libretto Grafîa ofiçiâ, il primo della serie Bolezùmme, edito dalla Ses nel febbraio 2009. |