Le parole di Pasqua Pasqua è, in genovese, parola identica all’italiano.
Non così il giorno dopo che da noi è detto lunedì de l’angeo
(lunedì dell’angelo) e non pasquetta che,
ho già riferito, in genovese denota l’Epifania. A tavola si comincia
con le leitughe pinn-e in bròddo (lattughe ripiene in
brodo), piatto ottimo e saporito, per proseguire con la squisita
çimma (cima) e l’immancabile torta pasqualinn-a
(torta pasqualina) dalle mitiche trent’e træ sfeugge
(trentatré sfoglie), che nella tradizione è fatta con le giæe
(bietole) e la prescinseua (quagliata) e non con le
articiòcche (carciofi). Posto d’onore spetta alle
euve (uova), forse divenute simbolo pasquale perché
alugæ (messe da parte) in eccesso durante la
Quæixima (Quaresima) quando la Chiesa ne proibì il consumo.
Sono utilizzate, tra l’altro, nella leituga in insalatta co-e
euve due (lattuga in insalata con le uova dure) e nei
cavagnetti, cestelli di pasta dolce con al centro un uovo,
spesso colorato, tenuto fermo da altra pasta usata per formare un cestino.
Di tradizione è anche la procescion de Casasse (la
processione delle Casacce) nella quale i portoei da Cristo
(portatori di Cristi, in genovese con la preposizione da e
non Viva Zena, Viva San Zòrzo! Franco Bampi |