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Inderê
Gazzettino Sampierdarenese
Anno XLI - N. 1 31 Gennaio 2012

Paròlle de Zena

Zugâ a Lêua

La seconda strofa della famosissima A cansón da Chéulia comincia così: Fæto pöi ’n pö ciù grànde me n’andâva a l’Acasêua / co-i figeu zugâvo a l’êua co-e figétte da mæ etæ... Ma come si giocava a l’êua? Questo si sa bene. Per prima cosa bisogna zugâ o dâse a-o bagón (fare la conta) per decidere chi sta sótta, cioè a chi tocca rincorrere per primo gli altri. A questo punto chi sta sótta conta: un, doî tréi, a l’êua. E incomincia a scorî (rincorrere) gli altri. Individuato, a suo giudizio, il bambino più facile da raggiungere lo insegue per cercare di afferrarlo. Ovviamente può afferrare chi vuole e può cambiare idea a suo completo arbitrio. Afferrato un bambino, il gioco ricomincia da capo: ora chi sta sótta è quello che si è fatto prendere. Il problema più complesso è come si scrive a l’êua. Questa grafia è tratta dallo spartito de A cansón da Chéulia, e così è registrata dal Gismondi (1955): ma êua non vuol proprio dire nulla! Il Casaccia nel 1851 la registra come parola unica: allêua e la traduce “allora, coll’o largo”, per poi pentirsi e registrarla nel 1876 come allëa, “forse dal francese allez” (dai!, forza!). E allëa è la voce registrata dal Frisoni (1910). Io propongo un’altra versione. Dato che si dice zugâ a (giocare a, si ricordi che, in questa accezione, giocare è un verbo intransitivo) si dovrebbe scrivere zugâ a Lêua dove Lêua è la parola genovese per la città di Loano. Quindi zugâ a Lêua vorrebbe dire giocare al modo di Loano, esattamente come zugâ a Ciâvai (registrato dal Casaccia sia nel 1851 sia nel 1876) significa giocare al modo di Chiavari. Per completezza segnalo che quest’ultimo è un gioco nostro che consiste nel gettare su un piano una manciata di nòccioli, noci, o simili; quindi con delle bicelæ, o micelæ (buffetti) far sì che uno di questi vada a colpirne un altro.

Se scôran i figeu zugàndo a Lêua
(Vito Elio Petrucci, in grafia mia)

Franco Bampi

Tutte le regole di lettura sono esposte nel libretto Grafîa ofiçiâ, il primo della serie Bolezùmme, edito dalla Ses nel febbraio 2009.

Frutta autunno-inverno
Cose da contadini
Acqua e fango
Mare/male
Cose da ladri
Lavoro
Spazzatura
In villa
Pesci
Maschile e femminile
Parolle veraci
Numeri
Preti
Religione
A scuola
Botteghe
Reti da pesca
Crolli
Giochi d'azzardo
Carnevale
Sposi
Bambini e ragazzi
Panvocàliche in zenéize
Palindromi zeneixi
Mezzi di trasporto
Acqua e tubature
Consonanti finali
La Repubblica di Genova
Vocali aperte e chiuse
Neve
Giocare all'aperto
Zugâ a Lêua
Locuzioni avverbiali
Vocali lunghe e corte
La gente
False alterazioni
Parole in disuso
Falegname 2
Troncamento
Monete antiche
Monete
Muratori
Parole difficili
Parole facili
Inglesismi
Il gioco del calcio
La notte bianca
Estate
Frutta
Parole in -eû
Parole dimenticate
L'acqua
Il Bucato
Parole in -eu
Il pranzo di Natale
Cognomi
Colori
Cose da bambini
Carrucole
Carte da gioco
Spagnolismi
La farina
Parole in -æso
Le noci
Natale
Porte e finestre
Bambinese
La castagna
I parenti
Le imbarcazioni
Il bosco
In cantina
I quartieri di Genova
Le Casacce
L'orlo
Nota sulle "vegette"
Le parole del Natale 2
In ufficio
Pesci
Sapori ed erbe
Parole in -gion
Cose da sarti
Pugni e sberle
In cucina
Falegname
Uccelli
Arabismi
Dormire
Malattie
Giochi e giocattoli
Strumenti musicali
Insetti
Vestiti
Corpo umano
Regole di grafia
Pasta
Metàtesi
Pentole e secchi
Legumi, pasta, farina
Attenti all'italiano!
Francesismi
Alberi e piante
Comprare il cibo
La cucina
Le parole di Pasqua
La casa
Nomi astratti
Le parole del Natale
Essere...
I rumori
Le parole dell'uva
Italianismi

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