La gente I nomi di molti abitanti degli ex comuni, che hanno costituito dal 1926 in poi la Grande Genova, hanno la terminazione –in. Quelli di Pra sono i praìn, di Sestri i sestrìn, di San Pier d’Arena e sanpêdænìn, ma un abitante della Foce è detto foxàn. Chi sta a Cornigén (Cornigliano) è detto cornigiòtto, parola che denota anche un gósso (gozzo) con la prua e la prora molto curvati verso l’interno dello scafo. Con questa terminazione –òtto abbiamo gli abitanti di Propâ (Propata) che sono detti propaòtti, quelli della sua frazione di Cafarénn-a (Caffarena), detti cafarenòtti, e quelli di Bargaggi (Bargagli), detti bargagiòtti oppure bargagìn. Chi sta a Sàn Scî (San Siro di Struppa) è detto Sàn Scinòllo e, scherzosamente, un genovese può essere detto zeneixòllo. I sardi, che forse non amano scherzare, non gradiscono essere chiamati sardegnòlli: preferiscono sàrdi e basta. A Sanrémmo (Sanremo) si fa una distinzione: sanremàsco è l’autoctono, sanreméize l’importato. Fuori dai nomi degli abitanti dei luoghi, çitadìn (cittadino) è colui che è nato in città e che vi risiede; chi è nato in un paese è detto paizàn (paesano) e chi accudisce alla terra (alla vìlla, casa di campagna con terreno) si chiama vilàn (villano), senza alcuna connotazione negativa. Il manénte è chi lavora e sorveglia terra non sua e spartisce i frutti col proprietario. Una persona che non è propriamente della nostra città o dei nostri luoghi è un forèsto (forestiero), che ha il sinonimo foestê spesso usato per straniero. Uno che viene dall’Italia meridionale è detto gabibbo (dall’arabo habib, amico), più raramente terón (terrone), e talvolta, con un po’ di cattiveria, fîgo d’Ìndia (fico d’india). Pe fâ o pésto che veu o formàggio piaxentìn (che ancheu ghe dìmmo parmixàn). Franco Bampi Tutte le regole di lettura sono esposte nel libretto Grafîa ofiçiâ, il primo della serie Bolezùmme, edito dalla Ses nel febbraio 2009. |