Uccelli Tutti sappiamo che i öxélli xeuan (gli uccelli volano), anche se anticamente si usava la parola sgheuâ. Forse non tutti sanno che svolazzare si dice xoattâ e che volare a volo radente si dice fiezzâ. Il pigolare tipico dei polin (pulcini, etimologicamente piccoli polli) è detto piâ, cinguettare si traduce barbagiâ oppure cicioezâ, che propriamente vuol dire bisbigliare, mentre il cinguettio corrisponde alla parola barbacîo. I nomi degli öxélli sono tanti e vari. Forse perché bianco, l’öchìn de mâ (gabbiano) è ispiratore di poeti, così come il canto del roscigneu (usignolo) ispirò compositori musicali. Il pecetto denota il pettirosso, ma anche quel piccolo e doloroso ematoma che si forma se ci schiacciamo un dito. La pàssoa o pasoêta è il passero, ben presente in città, come presenti sono i barbòuti (rondoni). Il corvo si dice crövo e, per dileguo della v, cröo, stessa pronuncia dell’analoga parola inglese crow. Con la parola rætìn denotiamo lo scricciolo, e con sî-sî quell’uccello detto spioncello, ma anche una persona magra e asciutta. La parisseua è la cinciallegra, mentre la cicogna si traduce çigheugna, ma no me rompî a çigheugna vuol dire non mi seccare. La denominazione generica di un uccello rapace è cravâ, ma la civetta è detta çiettoa oppure sbràzoa, il gufo è detto dugo e l’allocco òuco. Anche se non è un uccello ma è un mammifero volante, mi piace concludere citando il nome genovese del pipistrello: rattopenûgo. Miæ, gente, into zeneize gh’e n’é pe tutti i gusti: ma beseugna parlâlo! Franco Bampi Le regole di lettura sono reperibili nel Gazzettino di aprile 2006 e all’indirizzo Internet http://www.francobampi.it/zena/mi_chi/060429gs.htm. |