Spagnolismi Chiocciola in genovese si dice câgòllo, dallo spagnolo caracol; quindi scâa a câgòllo denota la scala a chiocciola. Per le ampie relazioni che la Repubblica di Genova ebbe con la Spagna, molte sono le parole che il genovese ha tratto dallo spagnolo anche se di diversa origine etimologica. Curiosa è la manpâ (da mampara, paravento), grandi rettangoli di tela bianca che venivano appesi obliqui fuori dai balconi nei caróggi per riflettere la luce del cielo dentro casa. Dallo spagnolo abbiamo preso anche la coppia dìccia (fortuna) e desdìccia (sfortuna), ma pure il verbo arubatâ (rotolare) e i fidê (pasta fresca da pastaio). Persino i spegétti (occhiali) sono tratti dallo spagnolo espejuelos. In disuso, ma belle, sono le parole fàrta (mancanza) e fóffa (breve paura), entrambe registrate dal Casaccia nel 1876. I pésci in scabéccio sono i pesci in carpione, dall’arabo sikbeg giunto a noi attraverso lo spagnolo escabeche. Altro spagnolismo è regatónn-a (fruttivendola) che va distinta dalla bezagnìnn-a (erbivendola) per la diversa merce che vende. Aggiungo ancora le parole amiâdô (terrazzo belvedere), rascciâ (raschiare) e næga (natica). Concludo con qualche attributo per le persone: cialàn (simpatico, detto per vezzo a un bambino o a un piccolo animale), pación (buon uomo), tâmàsso (persona grossolana e tozza), inbesîo (intorpidito, stordito). Che vêgnan dò-u latìn, dò-u grêgo ò dò-u spagnòllo, són sénpre paròlle de Zêna! Franco Bampi Tutte le regole di lettura sono esposte nel libretto Grafîa ofiçiâ, il primo della serie Bolezùmme, edito dalla Ses nel febbraio 2009. |