Sapori ed erbe Lo ricordo da quando ero piccolo, ma ancora oggi dal bezagnin (verduraio) si acquistano i savoî (sapori), quell’insieme di erbe odorifere e saporite che si adoperano per condimento, cioè per dare sapore agli altri cibi. Immancabile è il porsemmo (dai più detto porsemmòu, prezzemolo) così come il romanin (rosmarino). Ad essi si aggiunge talvolta il sélou (sedano) e la caròtta o caròtoa (carota). È evidente che i savoî cambiano a seconda del cibo che si prepara. Talvolta necessitiamo della çiòula (cipolla) oppure di un spigo d’aggio (spicchio d’aglio), oppure del profumato öfeuggio (alloro). È profumata e gradevole anche la persa (maggiorana) che forse non tutti sanno che può chiamarsi “persa” anche in italiano! C’è poi l’odorosa còrnabùggia (anche nella variante carnabùggia) che altro non è che l’origano e il cui nome potrebbe derivare dai corni cavi di bue usati per conservarla. E chi può dimenticarsi di quanto è buona la fugassa co-a sarvia (focaccia con la salvia)? Ricordo ancora che il timo si dice tùmou e che i capperi in genovese sono detti tàpani. Oltre al nostro baxaicò (basilico), che vuol dire erba regale da tutti pronunciata baxeicò, segnalo, per la loro peculiarità, il cöosciô (cavolfiore), la giærava (barbabietola). Mi piace concludere con la onnipresente canigiæa (parietaria) e con il nome, poco noto in genovese, di una comunissima pianta preistorica: la frexa (felce). Parlâ zeneize o l’é comme deuviâ e erbette montagninn-e: gh’é ciù gusto. Franco Bampi Le regole di lettura sono reperibili nel Gazzettino di aprile 2006 e all’indirizzo Internet http://www.francobampi.it/zena/mi_chi/060429gs.htm. |