Vestiti In genovese vestîo (vestito) è voce del verbo vestî (vestire): nasce vestîo vale nascere vestito, nascere con la camicia, essere fortunato. Il vestito inteso come abito si dice vestî. Il vestî è composto da o giacchê (la giacca), e non giacca che in genovese denota la biacca, dalle braghe (calzoni), ma attenzione alle braghette che sono le mutandine femminili, e talvolta dal giponetto (panciotto). La giacca dei contadini è detta gilecco e il loro giubbone si dice giamacco. L’apertura davanti delle braghe è detta sportiggeua. Sotto o giacchê si mette la camixa (camicia) e sotto il solin (colletto) si annoda la crovata (cravatta) o la gassa (cravatta a farfalla o papillon). La gassetta, invece, denota l’occhiello dove entra il pomello (bottone): famosissima la scenetta goviana do pomello e da gassetta (del bottone e dell’occhiello). Sotto la camixa spesso si mette il mariölo (maglia di lana o di cotone). Interessanti sono anche i nomi dell’abito del præve (prete). L’abito talare è detto sottann-a, il collare si dice collæn di prævi, forse un po’ irriverente visto che il collæn è anche quello dei... cani. Una volta il collæn era di cuoio e veniva ricoperto da una striscia di tela azzurra (così riporta il Casaccia nel suo vocabolario del 1876) o bianca detta revèrtega, perché revertegâ o redoggiâ voglion dire rimboccare (le maniche). Anche ste chi son paròlle zeneixi da no ascordâle! Franco Bampi Le regole di lettura sono reperibili nel Gazzettino di aprile 2006 e all’indirizzo Internet http://www.francobampi.it/zena/mi_chi/060429gs.htm. |