Bambinese Qui a Genova, in bambinese stretto bôa significa dolore, male. Ma altre parole fanno parte del bambinese, questo curioso modo di parlare che i grandi usano con gli infanti per offrire loro un linguaggio semplificato. Tra gli alimenti, l’acqua e in generale ogni bevanda viene detta bobó ed è somministrata con la tetaiêua (poppatoio); il termine generico di cìccia denota una vivanda di carne; l’uovo si dice cocón, forse dall’analoga parola francese che significa bozzolo, la cui forma ricorda l’uovo; infine mangiare si dice papâ (pappare) e dormire fâ a nanà (fare la nanna). Ormai non si usa più, ma la bugatìnn-a era una tettarella fatta con tela bianca fina che veniva riempita con cose dolci (zucchero), bagnata nell’acqua e data da succhiare al bimbo. Il coalìn o pestelìn è il dentarolo, un oggetto duro che si dà da mordere ai bambini durante la dentizione. Il cavallo, curiosamente, è detto tetæ. Un ninnolo, un trastullo è detto boâ, le moine sono dette fràsche, le guance grassottelle dei bimbi mascòtte, da màsca (guancia). I pannolini hanno sostituito i patæli e non s’usa più avvolgere stretto il bambino nella fasciêua per fargli venire le gambe diritte! Il telo di lino o di seta per andâ a babà o a gigìn (andare a spasso) si chiama covertaieu. In ultimo mi piace ricordare l’espressione intraducibile fâ o sapìn (fare la piccola zappa?) che denota quel raggrinzire della bocca che fanno i bambini prima di iniziare a piangere. Franco Bampi Le regole di lettura sono reperibili nel Gazzettino di aprile 2006 e all’indirizzo Internet http://www.francobampi.it/zena/mi_chi/060429gs.htm. |