La casa La parola casa è identica in italiano e in genovese, salvo che fuori di Genova talvolta si tronca in cà, plurale cæ (case). I teiti (tetti) delle case presentano tradizionalmente delle parti inclinate dette ægue (spioventi): le ville genovesi hanno i teiti a quattr’ægue (tetti a quattro spioventi). In Liguria i tetti sono ricoperti da lastre rettangolari di ciappa (ardesia) denotate, con antico termine nostro, abæn, parola intraducibile per questo spesso italianizzata in abbadino o abatino. Da abæn deriva la parola italiana abbaino che in genovese si rende con la locuzione barcon in sciô teito o con la parola luxernâ, usata anche nel significato di lucernaio. I muri perimetrali sono detti muage, ma qui a Genova tutti diciamo miage, mutando la u francese in i. Questo fenomeno, molto frequente nel genovese urbano, è detto iotacismo. Attenzione invece all’ingresso! In genovese porton è una grossa porta, mentre l’italiano portone, inteso come l’atrio, il luogo da cui si accede alle scale è da noi detto pòrtego. Il cavedio si dice veuo (vuoto) e le persiane giöxîe (gelosie), forse perché in Oriente erano usate per gelosia delle proprie donne, mentre le imposte, quelle che oscurano la stanza, sono dette arve. Infine palazzo si traduce con palassio, ma il palazzo per eccellenza, Palazzo Ducale, è detto Paxo, contrazione dell’antica parola Paraxo. Ma ti te n’acòrzi de quant’o l’é bello o zeneize? Franco Bampi |