Paròlle de Zena |
|
Falegname
Nel ligure medievale si diceva bancalarius che per troncamento divenne
bancarà e quindi, per caduta della r, bancâ (falegname). Un
suo attrezzo è il ciunetto (pialletto), diminutivo di
ciunn-a
(pialla), che serve per ciunâ (piallare) e che se è grosso si dice
ciunassa (piallone). Se il legno va lavorato con maggiore attenzione
si usa lo scöpéllo (scalpello) oppure la sgorbia, parola
identica all’italiano ma con la o pronunciata u. Il cacciavîe (cacciavite)
serve per inviâ e vîe (avvitare le viti: avvitare è meglio di invitare),
magari avendo preparato il foro con la verinn-a (verrina). E foro o
buco in genovese si dice, a seconda della zona, in tre modi differenti: pertuzo,
beuggio e garbo. Il trapano, che i pertuxi
li fa, si traduce trapàn, al plurale trapoén. Indispensabile
è la særa (sega): quella tipica del bancâ, di forma
trapezoidale, si chiama soracco (saracco). Quando ha la costola rafforzata
per evitare che si pieghi e avere quindi maggiore precisione, è detta
pêtenìnn-a, mentre quando è sottile da potersi infilare nei buchi per
segare il legno dall’interno ha il nome espressivo di coa de ratto (coda
di topo). Segnalo che o dentaieu (la licciaiola) è quello strumento che
serve pe fâ a stradda a-a særa (allicciare la sega, piegare i denti
leggermente in fuori). Curioso infine è il lapi da bancâ (lapis o matita
da falegname, detto rigorosamente senza la s finale) che è piatto, di colore esterno
rosso e che i bancæ mettono derê a-e oege (dietro gli
orecchi) per averlo sempre a portata di mano.
Quande un pòpolo o no s'incalla ciù a difende a seu lengoa o l'é pronto pe-a
scciavitù (Rémy de Gourmont)
Franco Bampi
Le regole di lettura sono reperibili nel Gazzettino
di aprile 2006 e all’indirizzo Internet
http://www.francobampi.it/zena/mi_chi/060429gs.htm. |