Lavoro La parola “lavoro” si traduce travàggio oppure lòu? Secondo Casaccia la parola lòu (che lui scrive laôu) “è propria della plebe e né usasi nel parlare civile”: proprio per questo è quella più diffusa e compare nelle parole louànte (lavoratore) e louêio (laboratorio, officina). Ciò detto, le due parole sono assolutamente sinonimi. Per curiosità ricordo che la storica testata giornalistica “Il Lavoro” è detta anche in genovese all’italiana: “O Lavôro”. Un lavoruccio si dice tapóllo, mentre un lavoro malamente eseguito è una ciapusâta. Louâ (lavorare) o travagiâ richiede fadîga (fatica) e a volte giamìn (stento, un po’ più che fadîga); per questo Marzari afferma che “M’é ciù câo o lòu fæto che quéllo da fâ” (preferisco il lavoro fatto che quello da fare). Uno scansafatiche è detto schénn-a drîta oppure schénn-a da viôlìn; mentre chi non ha nulla da fare, come un disoccupato, è a tòrsio. Lavorare a cottimo si dice travagiâ a scàrso; un lavoro malagevole, faticoso è un travàggio açidentòu. Un lavoro fatto da mano esperta è detto travàggio fæto da màn méistra. Un travàggio mâfæto è un lavoro malfatto e travàggio òrdenâio è un lavoro grossolano; quando il lavoro è fatto in fretta si dice tiâ zu in travàggio. Infine, quando un lavoro viene eseguito a tempo perso si dice che è un travàggio fæto a ôe bruxæ (lavoro fatto a ore bruciate). Chi lòua màngia 'n'anciôa, chi no lòua ne màngia dôe Franco Bampi Tutte le regole di lettura sono esposte nel libretto Grafîa ofiçiâ, il primo della serie Bolezùmme, edito dalla Ses nel febbraio 2009. |