La castagna
Per secoli la castàgna ha costituito il cibo del popolo. Com’è tipico in genovese, castàgno non denota l’albero, che si dice èrbo de castàgne, ma il colore. Castagnòu significa sia castagneto sia raccoglitore di castagne, in questa accezione derivato dal verbo castagnâ (raccogliere le castagne). La castagna è contenuta inta rìssa (nel riccio); il verbo derisâ significa togliere le castagne dai ricci. Si chiama scòrsa da castàgna la scorza o la buccia esterna della castagna, mentre la buccia interna dotata di peluria è detta lùggio, lo stesso nome che usiamo per il mese di luglio. Le castagne sono fatte seccare col fuoco nel secæso (seccatoio); il palco su cui sono sparse le castagne da seccare è detto græ (graticcio). Le castagne seccate sono poi pulite e ventilate (valæ) con il vàllo (vaglio), una specie di paniere di vimini col bordo da una sola parte; gli ultimi residui delle bucce interne ed esterne sono detti lórba. Dalle castagne secche si ricava la fænn-a dôçe (farina dolce) che viene riposta nel bancâ (una grossa cassa) e pressata all’estremo per togliere tutta l’aria e garantirne una più lunga conservazione. Con la farina si fa la panélla (castagnaccio), la castagnìnn-a (farinata di castagne) e la patónn-a (torta di farina di castagna). Le castagne fresche possono consumarsi rostîe (arrostite), con l’apposita poêla pertuzâ (padella bucherellata), o lessate con la buccia, e si dicono balétti, oppure senza, e sono le piæ (pelate). Le castagne secche lessate sono dette réboe. Amiæ che piæ çìnque pe ’na palànca, són câde e bén scioæ Franco Bampi Le regole di lettura sono reperibili nel Gazzettino di aprile 2006 e all’indirizzo Internet http://www.francobampi.it/zena/mi_chi/060429gs.htm. |